È un tripudio di colori, profumi e suoni, tra frutta e verdura, aromi e le cosiddette abbanniate dei mercanti: Ballarò è uno dei mercati storici di Palermo la cui atmosfera caratteristica fa sì che venga considerato tappa obbligatoria per chi vuole conoscere l’anima verace della città.
Ballarò si estende da piazza Casa Professa ai bastioni di corso Tukory verso Porta Sant’Agata, nel cuore della città. Il nome del mercato deriva probabilmente dal nome di un villaggio Monreale, Bahlara, dove giunsero i primi mercanti arabi.
Secondo un’altra ricostruzione delle origini del mercato, il nome deriverebbe da Ap-Vallaraja, titolo dei sorani della regione indiana del Sind, facendo riferimento alla parte della città in cui era comune vendere spezie provenienti dal Deccan, quindi le più costose e pregiate.
E proprio gli aromi insieme alla varietà di frutta, verdure e ortaggi, ma anche il famoso cibo di strada, riempiono ancora oggi l’antico mercato alimentare di Palermo, di cui scriveva anche un viaggiatore arabo nel X secolo, Ibn Hawgal.
Passeggiando per Ballarò ci si immerge tra la folla di turisti e palermitani che si destreggiano tra l’ammasso di bancarelle, tra cassette di legno piene di frutta venduta a buon prezzo e i banchi di spezie che emanano profumi e colori, come fossero anche un ornamento tra quei palazzi fatiscenti.
Il mercato si dispiega tra i vicoli stretti del quartiere, tra le case basse mai ristrutturate, chiese e edicole votive. Come il Capo e la Vucciria, altri due mercati storici della città, Ballarò si distingue anche per le caratteristiche abbanniate, le urla dei mercanti che cercano di attrarre l’attenzione per vendere la propria merce.
Ma la vita del mercato non si ferma. La notte, infatti, Ballarò diventa punto di incontro per la movida notturna palermitana. Le cassette di frutta diventano sgabelli, i vicoli diventano strade dove sostare, bere qualcosa, passare una serata in compagnia. L’anima del quartiere è duplice, dai colori accesi del mercato a quelli soffusi della notte.