Molte strade di Palermo sono dedicate a personaggi importanti per la città o a particolari episodi storici. Non è così per via Discesa dei giudici, proprio a ridosso della centralissima via Roma, a cui è legata una leggenda popolare che ha dato origine al nome della strada.
Protagonista della storia è un bambino, figlio di un uomo molto ricco, rimasto improvvisamente orfano e affidato ad un abate che aveva un obiettivo preciso: derubare il bambino della sua eredità.
A prendersi cura del bambino all’inizio era una nutrice. Una volta che l’abate riuscì a impossessarsi del patrimonio, la donna non venne più pagata. Nonostante questo, in preda alla pietà e all’affetto che provava per il bambino, se ne prese cura decidendo di crescerlo insieme agli altri figli ma dovendo anche affrontare una difficile situazione economica.
Diventato adulto, il ragazzo si impegnò per aiutare la famiglia che lo aveva salvato da un triste destino, lavorando per un maestro chiavettiere. Fu a lui che confidò la sua storia. Il chiavettiere, commosso dal racconto, decise di coinvolgere i magistrati per ottenere giustizia e punire l’abate.
Grazie alla sua enorme ricchezza, però, l’abate riuscì a corrompere i giudici facendosi assolvere. Ma il maestro chiavettiere non si rassegnò, coinvolse Carlo V che prese a cuore a sua volta la storia del ragazzo. In incognito a Palermo, l’imperatore lanciò l’ordine verso i giudici: furono legati alle corse dei cavalli e trascinati lungo quella strada che oggi porta il nome di Discesa dei giudici.
Prima ancora la strada era conosciuta come Calata dei giudici proprio in onore dei giudici della Corte pretoriana ospitati nel monastero di Santa Caterina. Solo dopo il grave errore giudiziario il nome della via fu mutato in quello che oggi conosciamo.
Una storia cruenta secondo cui non soltanto i corpi vennero strascinati, ma le pelli vennero utilizzate come fodere per tappezzare le poltrone dei loro successori, come monito di un giudizio inflessibile.